venerdì 6 novembre 2009

Il doping finanziario

Sul doping finanziario nei bilanci delle società di calcio s'è creata una situazione davvero paradossale. A detta di tutti gli esperti i bilanci erano drogati, tant'è che nel 2003 fu varata una legge (la cosiddetta salva-calcio) proprio per consentire di svelenirli; erano tanto drogati che un tesserato (Gazzoni Frascara, all'epoca Presidente del Bologna) fece una denuncia alla Procura Federale; in Federazione c'erano le pistole fumanti (cioè i bilanci; ce le hanno in custodia gli esperti della Covisoc), ma non si è fatto nessun processo sommario, anzi non si è fatto proprio niente; addirittura la denuncia è stata trasmessa alle Procure di mezza Italia e il dott. Palazzi è rimasto in attesa della conclusione delle indagini e dei processi (esattamente l'opposto rispetto al comportamento tenuto per Calciopoli).

E così è venuto fuori questo paradosso: la giustizia ordinaria non ha praticamente emesso nessuna condanna, le società la scorsa estate hanno patteggiato a tarallucci e vino con la Procura Federale; l'unico processo ancora in corso è quello di Torino sui bilanci della Juve che, per riconoscimento unanime, erano i più a posto tanto che proprio la Juve fu una delle poche società a non far ricorso alla salva-calcio. Un bel teatrino dell'assurdo che farebbe pensare a Pirandello, se non ci fossero di mezzo dati e fatti precisi, sceriffi e pistole fumanti, regolamenti federali e bilanci depositati. Ci sarebbe da scrivere non un romanzo, ma siamo un giornale e allora ci limitiamo a richiamare alcuni aspetti importanti e ad aiutare il ragionamento di quei lettori che volessero venire a capo del paradosso della Juve di Giraudo e Moggi a processo per falso in bilancio (così continuano a scrivere le gazzette, ma la faccenda è un po’ diversa).

Il primo aspetto da mettere a fuoco è la diversa severità dei due ordinamenti: mentre da un lato il reato di falso in bilancio è stato depenalizzato e si sono ridotti i termini di prescrizione, dall'altro la giustizia sportiva continua come prima a punire severamente i comportamenti elusivi (art.8 del C.G.S.), chiama in causa le Norme Organizzative Interne con un vasto reticolato di articoli (dal 77 al 90); addirittura nel Titolo V del C.G.S. tratta congiuntamente alcuni aspetti dell'illecito sportivo e delle violazioni in materia gestionale ed economica, quasi a ribadire la gravità di quest'ultimo reato, di fatto equiparandola a quella dell'illecito classico; come c'è stato lo scandalo di Calciopoli, allo stesso modo, per le carte federali, poteva esserci Bilanciopoli. Anzi, doveva esserci, visto che le pistole erano in Federazione che fumavano, anche se poi poi, passando per le Procure, sono diventate delle pistole ad acqua.

Il secondo riguarda il fatto che tante società hanno patteggiato, e che in generale si trattava di finte plusvalenze legate alla compravendita dei calciatori. Tanti commentatori hanno fatto di tutta l'erba un fascio (tutti colpevoli, nessun colpevole) e così nessun lettore s'è posto l'interrogativo se dietro le finte plusvalenze ci fosse l'attività elusiva richiamata (e sanzionata) dall'art.8, e cioè se qualche società partecipasse al campionato mettendoci meno soldi (di capitale e riserve) del dovuto e quindi, per dirla alla Palazzi, illecitamente. Tre indizi portano a dire che una società c'era sicuramente, ed è l'Inter: perché ha fatto ricorso alla salva-calcio per la cifra record di 319 milioni; perché in undici anni di gestione Moratti aveva accumulato, secondo un'indagine del Sole 24 Ore (del 24/4/2007), perdite nette per 661 milioni pareggiate per 476,6 milioni dai versamenti dei soci e per il resto, aggiungiamo noi, appunto dalle plusvalenze immaginarie; perché nell'indagine della Procura di Milano sui conti di Inter e Milan l'accusa mossa alla società nerazzurra (e solo a quella) era di aver eluso la normativa federale in tema di parametri da rispettare per l'iscrizione (appunto: l'illecito richiamato e sanzionato dall'art.8).

A questo punto si potrebbe obiettare che in tema di bilanci la Federazione non ha mai applicato con rigore i suoi regolamenti ed è vero; addirittura, quand'era presidente, Carraro aveva espressamente dichiarato che i bilanci erano irregolari e che c'era da comminare delle penalità, ma si era scelto di non farlo perché i tifosi non avrebbero capito. Carraro, però, aveva fatto quella dichiarazione nel 2004, mentre con il dopo-denuncia di Gazzoni Frascara siamo nel 2006-07, con la sentenza di Calciopoli ancora fresca d'inchiostro, Palazzi promosso super-Procuratore e Petrucci, Abete e Matarrese che proclamano tutti i giorni che il calcio è finalmente pulito. Non solo: quando Platini mette sotto tiro i debiti eccessivi in Italia si ribatte che il nostro calcio, contrariamente a quello inglese, è a posto (Petrucci, Abete e Matarrese all'unisono), che noi abbiamo dei veri mecenati come Moratti che ci mettono dei gran soldi (la Gazzetta dello Sport), che in Italia la Covisoc, diversamente da quanto accade in Inghilterra, fa i controlli in modo rigoroso (il sottosegretario Rocco Crimi).

Tutte barzellette; e mentre le barzellette passano di bocca in bocca al bar sport, il doping finanziario si fa più sofisticato, col marchio e le rivalutazioni di rami d'azienda girano milioni, finti, a centinaia e non più a decine; l'abbiamo documentato sul nostro sito, ne ha scritto Il Sole 24 Ore, un esperto ha espressamente parlato di illeciti tollerati, richiamando così l'ammissione di Carraro ma, contemporaneamente, sputtanando il Coni e la Figc, la Procura Federale e la Covisoc, cui bisogna riconoscere comunque una certa coerenza: non hanno sanzionato le violazioni precedenti e, coerentemente, hanno incentivato quelle successive.

Oltre alla denuncia alla Procura Federale, l'ex-presidente del Bologna ha anche intentato una causa civile contro gli stessi attori che abbiamo appena nominato e che abbiamo chiamato spesso in causa negli articoli sul nostro sito; vedremo cosa succederà, salvo accordi extra-giudiziali qualcuno dovrà spiegare chi è il colpevole dei mancati controlli. Intanto a Torino entro novembre ci sarà la sentenza nel processo sui bilanci della Juve: si era partiti da Gazzoni Frascara, ma si è finiti a Cobolli Gigli; nel senso che la denuncia iniziale su cifre eventualmente gonfiate nella compravendita di giocatori è tracimata in quella di infedeltà patrimoniale: così i pubblici ministeri hanno potuto passare al setaccio tutte le uscite societarie dal 2002 in avanti, per verificare l'ipotesi accusatoria secondo la quale qualcuno poteva essersi arricchito illecitamente.

Davvero un bel riconoscimento per dei dirigenti che avevano suscitato ammirazione anche all'estero, tanto che la stampa specializzata aveva segnalato proprio il bilancio della Juve come quello da prendere ad esempio.

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